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Un Covo di Vipere (2017) di A. Sironi

film tv della serie Commissario Montalbano

15 marzo 2017 | commenta

Il successo ha sempre una spiegazione. La saga del commissario Montalbano serve a mitigare nel telespettatore italiano il senso di colpa per la cancellazione della questione meridionale.
Zingaretti si è fatto carico di rappresentare il novello italiano, un non-bello cui tocca l’eredità di Rossano Brazzi, di Marcello Mastroianni o di Rodolfo Valentino. Gliene va dato merito.

Camilleri supera il miliardo di spettatori sommando gli ascolti di tutte le puntate - repliche e prime visioni – nei diciotto anni di programmazione.
Anche un italiano all’estero adeguatamente attrezzato, può essere annesso ai 10 milioni di telespettatori dell’ultima serie del commissario Montalbano. Uno spettacolo europeo, la confezione export dell’uomo d’onore in versione onesta, ha favori in tutta Europa, scivola liscia come l’olio, là dove fioriscono i limoni e la mafia, sopravvive l’ultima specie di cavaliere solitario in grado di resistere alle lusinghe della lascivia e della corruzione.
Veramente la serie ora racconta una combriccola autentica di amici da lavoro, Mimì, Fazio, il medico legale, hanno le stesse espressioni di schifato sgomento per le torture alla carne femminile che muovono l’inchiesta.
Che terribili eventi bisogna condividere per essere amici!
Il commissario viene ripreso mentre batte il suo stile libero nelle acque ragusane. A volte la nitidezza dei colori, la trasparenza della piccola plaja piatta come una tavola mi commuovono. Forse non tutto è perduto, lasciato in pace il Mediterraneo torna alla sua adolescenza. “Io vi fui”, riconosco l’ora, l’epoca dell’anno, il salmastro e la carezza del vento sulla pelle. Ricordo il verde con le chiazze nere di alghe strappate alle praterie di posidonie e buttate tra gli scogli prossimi al mare. La temperatura dell’acqua mi toglie i brutti pensieri, per questo Zingaretti va in Sicilia.
Il commissario si gode l’immersione fuori stagione come un’esagerata balneazione in acque di salute omerica.
Palinuro-Montalbano risorto dal suo sonno mortale. Calipso, Circe, Nausica streghe innamorate con occhi ardenti che vedono solo il maschio, s’affacciano alla balaustra del suo terrazzino. L’efferatezza del crimine indagato sveglia il Nocchiero, evoca uomini antichi di stampo sofocleo per salvarci dalla turpitudine morale e dall’abuso tutto contemporaneo delle femmine cosmetiche.
Qual è la filosofia sessuale di Camilleri? E com’è che non solo il personaggio, ma proprio l’uomo Zingaretti sembra vi si accomodi così bene? È la condivisione di quella visione morale che rende Zingaretti autore?
An passant, è falso che ci sia la rappresentazione di un’orgia, c’è piuttosto la documentazione di un massacro, orgia vi è in Eyes Wide Shut di Kubrik, nel coito geometrico del Casanova Sutherland di Fellini. Qui i corpi delle donne vengono maciullati come quello di Gesù in Passione di Mel Gibson.
Nell’orgia la violenza è psichica, cioè l’abolizione della libertà femminile, nell’orgia la donna non è titolare di desir. La donna sottomessa al godimento maschile, affronta il Calvario.
Un evento apocalittico, 10 milioni di umani che guardano la medesima impossibile trama. Rendere credibile l’esagerazione, con la scusa dell’arte, proporre la teoria consunta che la realtà supera sempre l’immaginazione. Lo scopo è mettere la fantasia e la realtà in universi che non si incontrano mai (Camilleri è un moroteo), quindi come negazione reciproca. In realtà Camilleri non ha i mezzi per distinguere tra fantasia e fantasticheria, pensa che l’arte curi la malattia mentale, e la pazzia poi sarebbe speciale nei siculi. Camilleri ha raccolto una delle tre corde che secondo Leonardo Sciascia animano i siciliani, la corda pazza, quella per esemplificare de La Patente di Pirandello. Esagerare, radicalizzare, stupire a costo di qualunque rinuncia vitale. Morire di inedia per non ammettere di avere cecità circa la differenza tra bisogni ed esigenze.
Sentiamo lo sceneggiatore Francesco Bruni a proposito di cosa gli piace di Montalbano e secondo lui ne decreta il successo :<< La complessità, il fatto che il bene e il male convivono. La verità non ha mai una sola faccia. Mi affascina che il commissario sia capace di chiudere un occhio sulla colpa, anche di nasconderla dove riesce a comprenderne le ragioni, pur essendo moralmente integro.>>*
Tanto per discorrere, non c’è commissario televisivo da Giallini al Gassman bastardo di Pizzo Falcone, a tutti gli altri vicequestori che non si eriga a giudice e decida di salvare colpevoli non criminali. Solo in TV i criminali vengono catturati e puniti sempre.
Vorrei osservare che il successo è una materia televisiva, difficilmente è opera d’arte, non è Manchester by the sea. Questo è irritante: abuso della bellezza naturale, le physique du role di Zingaretti o di Cesare Bocci per veicolare ontologie, esistenzialismi, essere nel mondo dell’angoscia. Protestare di voler difendere la bellezza femminile, la rende mero fenomeno di Natura, e la bellezza umana non ha niente a che fare con quella della Natura. Si insinua che dell’arte il fin è la pedagogia delle masse.  10 milioni di umani affrontano simultaneamente il pensiero catastrofico del nostro Autore agrigentino. Camilleri può essere iscritto d’ufficio tra i grandi (il successo fa tutti grandi) intellettuali meridionali che hanno assunto di esportare giù al Sud l’impegno coloniale di educazione civica, di educazione alla legalità, di cooptazione dei siculo-calabri-partenopei alla buona amministrazione di seguito all’onda lunga del PCI prima e delle sue proliferazioni poi. Ecco, questo aspetto politico non c’è più, ormai è tramontato, la sinistra non c’è più. Allora notazioni, riflessioni, considerazioni sull’ingiustizia terrena, sull’abisso incestuoso del maschio infoiato e assatanato, sul legno storto dell’umanità che non si può drizzare. Apologo amareggiato e terroristico della perversione sessuale come prova finale, come giudizio di dio sull’ immutabile bestialità dell’istinto maschile e sulla debolezza un po’ complice della donna bella. Una coerente accurata opera di persuasione sul male interno all’uomo attraverso la ricognizione dell’esito unico, prevedibile, senza scampo del coito. O procreazione nel sacro talamo o morte.
Camilleri è provocato dalla promiscuità (in verità un po’ datata la messa in scena della discoteca come luogo di perdizione), dalla facilità del consumo sessuale, dall’avvenenza delle prostitute giovani, dalla fisiognomica slava così esotica per noi mediterranei. Questo consumo non solo non si accorda con l’ordinata organizzazione della coppia parentale, ma non si accorda con qualunque ipotesi di civiltà. Il mondo degenerato che descrive il Nostro non ha coppia, perfino Montalbano ha la fidanzata a Genova.
Il mio compaesano Camilleri, cui invidio il successo planetario, ha un catalogo cimiteriale di donne infelici che pagano con la vita una goccia di splendore, un attimo di passione, di libertà.
Camilleri è un nostalgico, ci fa dolere di quanto è sparito, non c’è più, nell’ambiente e nell’antropologia, ma una convinzione ritiene ubiqua ed eterna: la natura umana è malvagia. Al mondo non c’è Giustizia, e tuttavia nel campo del comportamento sessuale le cose vanno veloci e a breve giro si compiono vendette, la nemesi si svolge nel corso di una vita, si può vedere nell’arco del tramontare di pochi soli non solo la bellezza svanire per sua naturale fragilità, ma perché su di essa particolarmente s’accanisce la vendetta dell’uomo, deluso e castrato. Come non venisse ripetuto ad ogni mossa del culo seducente …effimera è la gloria del corpo…, e come se ogni mamma indulgente non consolasse il suo ragazzo distrutto da la belle indifference della fanciulla crudele.
Comunque le fanciulle crudeli sono in diminuzione.
Dalla castrazione inflitta dalla donna superba della sua bellezza, non si guarisce mai, lo ripete un testo della canzone napoletana, cioè la poetica genetica di ogni buon meridionale…ca ferita d’ammore nun se sana…
Le considerazioni ontologiche sulla originaria malvagità della natura umana derivano dalla mancanza di ricerca sulla malattia mentale, si chiama male la malattia.
L’episodio inquietante nella vicenda narrata, un padre femminaro fino all’incesto che rende complice la figlia nell’omicidio-suicidio della madre è quando lo sciagurato urla ad una sua giovane amante che avanza richiesta di risarcimenti…io non ti ho promesso mai niente… La stessa giovane ha ricevuto grandi regali e protezione.
Acuto inserto dei tre sceneggiatori sulla sensibilità del predatore che prova a discolparsi dall’accusa di aver sottratto con l’inganno qualcosa di prezioso, di inestimabile valore ancorché immateriale che sta nella donna, nella sua costituzione di essere umano diverso.
Ogni parola dell’uomo rivolta alla donna la fa entrare nella Storia, ne rivela il vero nome alla anagrafe. Il piacere donato dalla donna all’uomo è sempre inestimabile e gratuito, è prova inoppugnabile che sesso è amore.

* da La Repubblica dell’ 8 marzo 2017

 

Goffredo Carbonelli