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THE BIG SHORT - LA GRANDE SCOMMESSA di  Adam McKay

                L’ho visto volentieri. Certo, faccio difficoltà a non farmi impressionare dai trailer e dalla propaganda fide (pubblicità); la parte più difficile da accettare sono le velleità didattiche del regista e dei produttori e l’illusione hollywoodiana di non essere mai fuori moda. Il mercato è velocissimo, la merce va in avaria dopo tre giorni, come l’esempio dei pesci del cuoco scelto dagli autori.
Un film sulla fede, sull’amministrazione delle credenze. In God we trust, dio e dollaro. Il cittadino della psicologia comune non ha alcun mezzo per dubitare, per capire, la ribellione viene esclusivamente dall’interno della casta, solo i sacerdoti possono svelare gli arcani.
Dicono, Brad Pitt fa un cameo, incastona una gemma in un’avventurosa carriera matrimoniale. L’effetto è deludente, per l’impalpabile caratterizzazione e per la prosopopea di avere un grande futuro dietro le spalle. Brad un giovane attraente, la sua espressività legata alla scioltezza della fulva chioma lanciata nel vento delle passioni. Non è bello e dannato. Christian Bale come Zukerberg va in calzoncini, t-shirt e ciabatte, divisa d’ordinanza di ogni genio digitale dabbene.
Sono uscito frastornato da un turbine di parole tenute insieme dalla bramosia, da acronimi come bombe intelligenti, da un montaggio non sostenuto a sufficienza da abuso di cocaina. Questa pellicola non ha colonna sonora, l’aveva Il Lupo di Wall Street (The Wolf of Wall Street), ivi l’abbuffata di sostanza stupefacente bastava a dare la sensazione della fine del mondo imminente, il default, il fallimento del sistema capitalistico, la catastrofe che rende inutile la vittoria sul comunismo.
Le geremiadi di quanti saranno licenziati, di quanti americani perderanno il sogno di avere una casa, di quanto sia delittuoso incrinare la fede del cittadino investitore, sono ridicole. Bisogna rimediare e ricostruire le basi della fiducia dell’obbligazionista.
I lavoratori della Borsa grondano sensi di colpa da tutte le parti, non vanno a puttane come Di Caprio, ma per intervistarle sui mutui delle loro ville con piscina.
Alla fine  il nostro re dei brooker, Steve Carrell, dopo essersela tirata immotivatamente, dice di si a una speculazione da un miliardo di dollari, la voce narrante sottolinea sarcasticamente, non è cambiato nulla, nessuno è andato in galera.
Maggiori sono i debiti delle banche, più il tesoro e il governo centrale sarà costretto a intervenire.
Ci pensate? Standard and Poor's o Merrill Lynch sono le agenzie di rating che giudicano i Greci che vivono al di sopra delle loro possibilità o gli Italiani corrotti dalla grande bellezza, gli spagnoli così impegnati a perfezionare la movida nelle loro città mediterranee.
La virtù delle Nazioni è incompatibile con leggi della ricchezza finanziaria, se il film serviva a ricordarcelo, lo sapevamo tutti anche noi che non abbiamo capito cosa sia un CDO. E’ necessario sottolineare come si voglia che il compratore di subprime BBB sia un credente, mi sembra che la cultura del capitale finanziario si basi sulla distruzione della fiducia per incrementare la fede. Se hai fede sei stupido, ma lo sei come chi ti sta ingannando, un trionfo di democrazia. Se credi a qualcosa che non esiste, sei pronto a credere a tante altre cose che non esistono, l’enorme bolla finanziaria è resa possibile dalla cultura della fede. La fede non ha il corpo umano, la fiducia si. Il fratello del più coscienzioso e bravo degli oppositori al sistema si suicida, il suicida, prima di farla finita, ha perduto il corpo.
Sono tanti, un esercito di spioni a compulsare dati, algoritmi, tabulati, e nessuno guarda, controlla la solvibilità dei clienti, se onoreranno i debiti. La nazione americana costruita sull’ideale dell’onore ha dirazzato, gli americani non restituiranno il prestito. Visti da vicino sono nuovi americani, latinos, cubani rifugiati politici, operatrici del sesso, l’America tutta un’enorme Strip di Las Vegas. Scommettere, separare il denaro dalla sua storia, dal lavoro professionale, dall’applicazione dell’ingegno alle relazioni interpersonali.
Il nostro paesaggio è cambiato, il sabato mattina quando sosto più a lungo all’edicola in attesa che il mio amico spacchetti Left odorosa di inchiostri, il mio occhio resta incollato ai festoni ciondolanti di Gratta e Vinci, ai loro fantastici inviti a vite facili, a vincite sicure per cambiare il proprio destino. Penso all’ingegneria istituzionale della Sanità pubblica, saggiamente consigliata dall’Accademia psichiatrica ad aprire centri di disintossicazione dal gioco compulsivo, centri di disintossicazione delle giovani coppie dal sabato pomeriggio all’IKEA e agli ipermercati, dei bambini dai tablet al ristorante, dall’intima necessità spettacolare del successo. Ogni dipendenza ha il suo centro, i suoi specialisti. La scommessa, il rischio personale per coinvolgere gli esseri umani che si affidano a noi, trascinare nel disastro chi se lasciato in pace si occuperebbe della propria realizzazione. Dal giornalaio, dal tabaccaio alla City si sperimentano droghe più potenti della coca, dell’eroina, milioni di individui in tutti il mondo alterano la loro produzione neurotrasmettitoriale prescindendo dalla chimica esogena, dallo stupefacente. Una magnifica ossessione.
Il Leviatano non è più lo Stato, ma il capitale finanziario internazionale.

 

Goffredo Carbonelli