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Suburbicon (2017) di G. Clooney

18 dicembre 2017 | commenta

Non possiamo sempre dirci completamente antiamericani.
Ci sarà pure un motivo o un aspetto del loro carattere che fa piacere constatare. Ci sarà pure qualcosa di evoluto in quella città eterna del Truman Show. La giustizia è una faccenda terrena, dice il Luterano, l’Episcopale, il Mormone, il lettore della Bibbia. Ai limiti la più immediata possibile: la Vendetta. Eppure la Bibbia non serve a risolvere il razzismo, potrebbe servire a rendere il peccato di Lussuria una colpa veniale.
Gli Episcopali Matt Demon e Julienne Moore sono avidi, falsi, reattivi ma agiscono come se la vita oltre la morte non fosse la vera vita. Si può essere avidi, assassini eppure lenti, estenuanti, curiali, non in questo caso. Loro sono americani, pragmatici e rapidi non devono privare il Fato della delizia di sputtanare la nostra ipocrisia. Occhio per occhio, dente per dente vuol dire qui e ora. L’Assicurazione paga subito, la giustizia nei tribunali si svolge velocemente. La Nemesi se agita speditamente, ha una corretta interpretazione dei fatti, non ha opinioni, è pensiero. E’ un pensiero sano, senza coscienza: credere di affidare all’ultraterreno la giustizia rende ammalata e perversa la natura umana.
Chi ha una tesi sulla origine assassina e cannibalica della natura umana ha un’urgenza non dilazionabile, lavora quotidianamente alla rappresentazione filmica e letteraria della cattiveria innata nella specie. Del resto dopo Rousseau e prima di Dewey, qualche pedagogo nordamericano teorizzò che il neonato non dovesse essere preso in braccio, accarezzato, sempre privato del corpo a corpo con la madre, negli orfanotrofi dei primi di anni del Novecento morivano i piccini come mosche e anche nelle case dei ricchi.
George Clooney, arrogante moderno Sofocle, mette sui due piatti della giustizia, al di qua e al di là della palizzata che separa le villette della città di Suburbicon, due questioni fondamentali dell’America, la questione razziale e la lussuria, violenza ottusa, molestie e incesto.
Clooney ricorda che lo scandalo, l’esibizione sessuale, mostrare l’eccitazione del genitore al figlio è peccato e genera malattia mentale sottraendo autorevolezza all’adulto. Si compie giustizia perché le conseguenze della libidine (Le conseguenze dell’amoredi Sorrentino?) arrivano a sterminare una generazione colpevole lasciando il bambino probo, nemmeno per errore uccide il padre. Il complesso d’Edipo non esiste, le colpe dei padri possono non ricadere sui figli. Una diversa strada della vicenda familiare, non più Tom Hanks che ci diceva Era mio padre.
Il razzismo invece non finisce mai, è stato ed è fonte inesauribile di ingiustizia e di illusione che almeno nel Paradiso ci sarà la bontà celeste.
Se Aruba, l’isola felice delle Hawaii dove i due amanti assassini vogliono fuggire è un sogno ad occhi aperti, allora è difficile dormire e sognare. To sleep, perchance to dream, ay, there’s the rub. – Amleto-
Realizzare la soddisfazione del desiderio durante la veglia rende inutile la coscienza e il sonno dove riposarsi qualche ora dal fardello faticoso del controllo cosciente degli impulsi. La coscienza e la ragione diurna, come ci ha insegnato Massimo Fagioli non riescono a intuire la bugia inconscia, la negazione, la deformazione della realtà psichica dell’altro. La coscienza crede solo a quello che vede, in genere è nella veglia cosciente che si sviluppa il pensiero di credenza, la fede che non è pensiero, né razionale né sentimentale.
George Clooney tiene tutto, racconta la necessità dell’uomo bianco di sentirsi buono e molto bene mostra la violenza di chi è convinto di essere ottimo cittadino attraverso la riduzione della morale alla convenzione delle opinioni comuni. Costringere il diverso a condotte anormali, degradate, per poi intervenire ed educarlo dopo aver esaurito la tolleranza. Il peccato più grave è la Hybris, la superbia di essere nel giusto, con il corollario annesso, essere in tanti a condividere una stessa opinione. Condividere un’opinione difficilmente è pensiero.
È colpa sua, è colpa di chi ha la pelle nera o qualunque stimolo fisico e comportamentale visibile, è colpa sua se perdo la testa …lui mi ha provocato deve essere consigliato e avviato alla correzione chirurgica che elimina la diversità. La colpa è sempre nell’emittente dello stimolo, così la proiezione è sempre autorizzata.
Per facilitare il controllo degli impulsi basta edificare Suburbicon, il Truman Show. Stare lontano da ciò che odiamo. E’ sufficiente annullare l’Altro, arginare la provocazione alla nostra sensibilità invisibile. Il Diverso non è eclatante, non è eccentrico, non fa acting out, è certo della propria identità, irrita per la sensazione di identità e di rifiuto dell’identificazione proiettiva. Il processo di conoscenza del Diverso è diverso dal riconoscimento dell’Altro.
                Si badi la parte interessante del pensiero filmico è l’assunzione del pensiero biblico, separare il grano dalla pula. Si arriva a certificare l’esistenza dell’Altro, ma non ci viene dato alcuno strumento per distinguere l’Altro dal Diverso. L’Altro è la Persona, la terza persona. L’Altro c’è a prescindere dal Diverso che è una questione di fantasia, di istinto di morte e di conoscenza, è una questione sessuale. L’Altro è il Diverso da più lunga data e può smettere di esserlo, il Diverso non può smettere mai.
Il nero non può diventare bianco, il bianco non può diventare nero, non serve. Il nero può diventare simile, il bianco spessissimo è simile. Si odia il differente somaticamente per non indagare sul diverso psichicamente, il razzismo come la Logica, non può concepire che il diverso è uguale, uguale e diverso. Come l’uomo per la donna e la donna per l’uomo.

 

Goffredo Carbonelli