LA CORRISPONDENZA di Giuseppe Tornatore
Giustizia è fatta! C’eravamo lasciati che ne La migliore offerta Geoffrey Rush veniva ingannato, tradito, privato del suo segreto. Ora l’uomo si vendica sulla donna, Jeremy Irons imperversa per l’eternità sulla donna.
A Praga città esoterica, trascendente, seduto al bar in un disorientamento psicotico, Geoffrey cercava di capirci qualcosa della donna che lo aveva amato, abbandonato, derubato dell’identità. L’attesa infinita di un suo ritorno per misurare quanto l’ha amata e se il furto di tutta quella bellezza dipinta è giusto prezzo per la felicità che il suo corpo ha ricevuto da lei.
In quel film la passione non veniva evocata e verbalizzata, era veloce come la vita e l’aspetto ossessivo spiegato per la privazione della dolcezza del corpo. Qui l’ossessione è un sintomo di onnipotenza. Là, ne La migliore offerta c’era la ricerca della verità umana, la verità della sessualità umana. La fidanzata automatica non ha sesso, è automa. L’esigenza primaria è la presenza del desiderio femminile libero e non imposto dal maschile, Tornatore aveva rappresentato la necessità di capire l’essere che si ama, aveva suggerito che il fallimento non è una sentenza del tribunale civile, ma il fallimento della relazione. Era bellissima l’idea della collezione privata di volti femminili, uno specchiarsi nella propria psiche, vedersi rappresentato e conoscersi, il viso dell’amata mi impedisce una visione cosciente e oggettiva, osservo il reale solo per cambiarlo. Vederla, estraniarmi, alienarmi, ma restare me. L’altra, come altro genere garantisce, la differenza che non finisce mai. L’infinito è interno. Fermo restando che stiamo parlando della ricerca dell’infinito, mi pareva che Maps to the stars fossero tracciate, almeno nel riconoscimento del vettore, la pulsione non ha spazio, ma movimento interno, sta nell’umano leonardescamente, l’uomo è il centro dell’uomo. Dall’interno all’esterno.
Cosa è successo a Tornatore per ricredersi? Che cosa lo porta a pensare che la teoria delle stringhe, possa far vivere gli umani in 10 sé stesso? La realtà psichica ancorché invisibile, non è spirito. Se non mi basta il tempo che consumo, nessun supplemento spaziotemporale mi consolerà mai. Solo il tempo trascorso e pensato insieme passa, il resto andrà perduto per sempre nelle profondità glaciali delle galassie. Una soluzione ascetica, caballistica, ascensionale, si confonde la visione della faccia della donna con il sublime del mistico, la visione del volto di Dio. Non è la stessa cosa, anzi il secondo evento non sussiste.
È della passione l’immanenza, la soddisfazione del desiderio è totale fuga nel presente, è una messa tra parentesi della morte, e hanno voglia i francesi a definire l’orgasmo la petite mort. È un pensiero malato che si possa godere per sentirsi vivo, il surplus di piacere, non è nell’effetto antidepressivo, ma nell’esperienza della perdita della razionalità e delle leggi gravitarie.
Nella nostra pellicola la passione di Jeremy e di Olga chiede garanzia al trucco di lui di sembrare vivo anche da morto.
Così come è riuscito a nascondere l’astrocitoma e i suoi sintomi (difficilissimo a quello stadio clinico occultare la sintomatologia neurologica. En passant, i tumori prefrontali producono un viraggio della personalità, spesso a carattere espansivo, euforico, similpassionale. Tante è, tout se tient.)
L’amore sarebbe una messa tra parentesi della verità del corpo? Ma l’amore è far parlare solo il corpo, pensare una mente con due corpi a disposizione.
Giuseppe Tornatore è bravo, i due attori ci danno dentro, teatralmente. Il regista ha sempre una trovata, la stanza segreta dei ritratti al femminile, un film di soli baci che aveva incantato l’Academy.
Il centro della pellicola, delicatamente nascosto è la differenza generazionale, colmata dalla opulenza del paesaggio, di amici obbedienti, di risorse digitali, soprattutto dal passaggio di conoscenza, l’eros governa la trasmissione dell’esperienza sessuale e fa la democrazia della coppia. Un grande amore secondo la letteratura romantica non si arrende alla morte. Mi sembra che la malattia e la morte vengano usate per testimoniare la grandezza della passione. Sarebbe una buona intuizione mostrare che la passione non ha età, l’anagrafe dei protagonisti non conta. Inoltre la passione d‘amore non è la sola a non avere età, anche quella per il cielo stellato, per l’antimateria, per la supernova, i buchi neri. La passione non va mai da sola, per amarsi serve condividere più di una passione.
…Ombretta sdegnosa del Mississipi non far la ritrosa e baciami qui…
Il barcarolo lacustre uscito dal romanzo di Fogazzaro è perturbante, sembra più aduso a ripescare cadaveri di fanciulli annegati. Il dimesso manicomiale non produce un effetto gotico, in Italia sarebbe meglio non evocare fantasmi di bambini soffocati, giovani movimenti abortiti, porta male, quasi come credere che l’essere umano in coma stia sognando.
Mi è piaciuta la connessione tra il firmamento e il reperto del tessuto cerebrale con astrocitoma, il parallelo tra i miliardi di sinapsi neuronali e la rete di scie stellari nella profondità del cielo. La visione digitale, colorata del neuroimaging è appagante, un vernissage privato dei clinici, sufficiente motivo per dubitare di un aldilà. Convinzione che dovrebbero condividere i lavoratori di Arcetri o di Palomar e i neuroscienziati del brain imaging.
La modella, l’attrice.
Mi sono spesso chiesto perché le modelle fossero appassionate amanti dei fotografi. dei registi, dei pittori.
Che necessità hanno del nudo, gli artisti?
Guardando i capezzoli di Olga ho pensato di essere colpevole, di averle preso qualcosa, di aver fatto indossare ad una idea nella mia testa un corpo reale. Una donna in carne e ossa, storicamente presente, inconfondibile nella sua identità materiale e psichica, metteva a disposizione del mio sguardo avido qualcosa che era a sua esclusiva discrezione donare all’amante.
Poi, la trovata di una comunicazione dove solo uno dei due partner decide i tempi, i modi, lo spazio della comunicazione. Prigionieri dell’attesa, immaginare nella veglia e nel sonno l’amato di cui siamo dipendenti, un pensiero che non teme l’assenza, non fugge nell’ascesi, resta sulla Terra in compagnia delle creature viventi.
Goffredo Carbonelli