IL RAGAZZO INVISIBILE di Gabriele Salvatores
14 luglio 2015 | Commenta
Considero ogni film un vernissage, una personale, ci possono essere molte visioni brutte o malate, poche immagini belle e geniali o viceversa. Il giudizio lo applico alla filosofia, alla proposta di pensiero che l’autore mescola nella stesura della trama, nel montaggio, nella costruzione finale del senso dell’opera.
Dopo quanti film si diventa intimi, amici del regista? Dopo quante ore delle sue visioni si può dire …io lo conosco bene…Nel film, recitano persone amiche e altri familiari. Alberto Asor Rosa parla dello stesso fenomeno nelle redazioni dei gruppi editoriali. Ho ammirazione per Salvatores, mi sembra un Wim Wenders più concentrato, sembra una coerenza di ricerca, almeno nelle letture, incuriosisce, ma l’ammirazione non è un affetto, è una condizione che può sempre precipitare in qualcos’altro spesso nell’invidia. Sono curioso delle origini adolescenziali degli argomenti che affronta nelle sue escursioni di antropologia italiana. E mi chiedo certamente Abatantuono ha familiarità con lui, la signora Golino con la sua bella voce splancnica farà parte del suo inner circle? Come si può chiacchierarci, avere una conversazione, intervistarla?
Salvatores è un ragazzo invisibile. Invisibile è una buona metafora dell’assenza dell’adulto, ma è un riflessione che riguarda l’assenza del padre in tempo di pace. L’assenza del padre non ha a che fare solo con la guerra atomica e la pulizia etnica, si può essere figli di padri sterili. I superpoteri sono l’esigenza della mente di riempire il corpo nuovo della pubertà, la necessità della ribellione all’autarchia della famiglia per la propria identità sessuale.
Trieste si svela stupenda, una san Francisco mediterranea, in bicicletta in cima alla salita della strada che finisce nel mare come Lombard street. Trieste è però luogo basagliano, là il giusto odio per i lager venne utilizzato per i manicomi. Naturale rappresentare, il carcere, il manicomio come postazioni del Panopticon, ma è la strada, l’interno domestico il luogo più esposto all’ingerenza dello sguardo degli estranei, all’esercitazione del giudizio invidioso dei cittadini, il luogo più pericoloso per il bambino è intramoenia.
Si comincia con un uomo che scheggia un muro, occupazione da pazzi nella fossa dei leoni, altri uomini in camice bianco (medici riabilitatori nella perfezione di controllori della normalità) si aspettano di ricavare dai graffiti un’indicazione del luogo dove il prigioniero ha perso la testa. Le mura delle celle sono come la pelle rendono trasparenti i segreti, i graffiti sono tatuaggi. Un buon carceriere può pensare che il ricoverato-carcerato proietti i suoi ricordi nascosti, confessi la genesi della malattia. Ritrovare i ricordi. Tuttavia ricordare non serve a curare per guarire. Per la psicologia semplice, per l’evidenza naturale, lo psicologo dovrebbe leggere nella mente della gente, la intelligibilità dei pensieri dell’altro è pratica da guerra fredda, non è politicamente corretto, è reato. E gli innamorati sono dei criminali?
Lo psicologo di stato è lo psicologo della polizia di stato. L’irritante fatuità espressionistica di Fabrizio Bentivoglio è la libertà che il regista lascia ai grandi attori, forse una vacanza dal ruolo di capo del regista, un contributo all’amicizia personale, una temporanea conduzione collettiva dell’opera? E’ il manierismo dell’attore un utile e tragico modo di denunciare l’incompetenza dei sapienti sulla psicologia degli adolescenti? Fabrizio, fra l’altro non è estraneo al muppet di cartapesta (si pensi all’onorevole nel film di Albanese). All’inizio della vita si pensa, e si continua a costruire un sistema filosofico di interpretazione del mondo, il desiderio di conoscere l’umano è grandissimo nel bambino e nell’adolescente.
Un meraviglioso appagamento dell’esigenza di invisibilità è la scena paradisiaca dello spogliatoio delle fanciulle in fiore. Più ragionata e prevedibile la vendetta sul compagno tennista, magari con un po’ di coraggio ci si poteva vendicare sull’iperpadre così moderno nelle pretese genetiche, ma si sa, noi italiani preferiamo il fratricidio al parricidio.
Questo è un film di fantascienza una versione pulp della serie hollywoodiana sui mutanti. La specie umana gode di superpoteri e non per effetti devastanti di disastri nucleari. Le malattie e le morti sono state realmente provocate da Cernobyl, i superpoteri non sono conseguenza di catastrofi, sono positivi, si acquisiscono da parte di tutta l’umanità alla nascita. Inaspettato è il dono che riceviamo e non è lo spirito, non è la razionalità, ma la capacità di prefigurare il futuro cioè la fantasia. La storia stessa dell’uomo è un tentativo non riuscito di pervertire il potere umano di intendersi al di là della razionalità e del significato delle parole. Prospettare che l’evoluzione prossima ventura sia una dentatura più piccola, un cervello più grande, una terza mano o i capelli rasta, se non è metafora è una volontà dolosa di fraintendimento. L’attrazione per la donna non è un’affinità cromosomica, non ci innamoriamo per scoprire una gemella nell’essere umano diverso. Non è la separazione dal gemello l’evento più importante alla nascita. V’è inoltre nella idealizzazione della genetica una tesi che nega alla relazione intersoggettiva ogni valenza di senso, suggerendo la malattia della mente come un errore di programmazione hardware. La malattia della mente avviene nelle relazioni umane e a causa delle relazioni umane, non abbiamo fatto una lunga strada per avere un cervello che si impappina e va in tilt immotivatamente.
Poi tutto questo finisce, niente più vulgata dell’ereditarietà e della genetica. Salvatores ci accompagna fuori dalla sala e di nuovo alla luce, gli adulti escono di scena il film diventa un gioco per i ragazzi, diventa un fumetto. Botti, cazzotti, il faro di Batman a Gotham City, sommergibili pirata, il questore che premia gli agenti come in Montalbano. Tutti ci trasformiamo in adolescenti che ascoltano un’apparizione, Bentivoglio entra in un meraviglioso attore, la Golino una donna desiderabile smette di essere solo madre, forse s’innamorerà, potrebbe mettersi con il padre biologico del ragazzo invisibile. Il potere non scompare più. Il ragazzo siamo noi, viviamo la beatitudine di un padre che legge i nostri pensieri, (solo lui può farlo) e ci troverà ovunque ci perdessimo nel mondo. La madre che ci ha educati alla legge del padre, ci metterà in grado di far trionfare il bene sul male.
Gli umani possono intendersi solo attraverso la fiaba, è la metafora la salvezza del mondo.
Goffredo Carbonelli